Stoltenberg e la Nato gettano benzina sul fuoco
Jens Stoltenberg, nato ad Oslo nel 1959, è un segretario generale della Nato a fine mandato, è un alto ufficiale diplomatico nominato dai governi, non è il «Commander in Chief», il suo mandato scade a ottobre 2024.
Non spetta a lui inviare truppe sul fronte, fare piani di battaglia, il suo è un delicato ruolo politico in cui la prudenza è necessaria, l’equilibrio indispensabile, la condivisione un principio inderogabile.
Come ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, «non esiste un segretario Nato o una nazione che decide la linea per tutte le altre».
Stoltenberg si è ritrovato con una guerra nel cuore dell’Europa, il suo compito non è facile e non può esser svolto con faciloneria, soprattutto verbale, perché non si combatte solo con i fucili, ma prima di tutto con le parole.
Intervistato dall’Economist, Stoltenberg ha detto che «è giunto il momento che gli alleati valutino se revocare alcune delle restrizioni imposte sull’uso delle armi che hanno dato all’Ucraina.
Soprattutto ora che molti dei combattimenti sono in corso a Kharkiv, vicino al confine, negare all’Ucraina la possibilità di usare queste armi contro obiettivi militari legittimi in territorio russo rende molto difficile la sua difesa».
Si tratta di un’estensione territoriale del conflitto?
Non proprio, perché gli ucraini da tempo colpiscono sul territorio russo, il tema qui è l’uso delle armi della Nato (missili e artiglieria a lunga gittata) che, naturalmente, se fosse autorizzato aprirebbe ufficialmente un altro capitolo della guerra.
Stoltenberg parla nel momento in cui Mosca sta avanzando nella regione di Karkhiv, dopo il fallimento della controffensiva che Kiev aveva annunciato come una svolta.
Il suo intervento manca di tempismo, perché arriva tardi (è l’ammissione di una serie di gravi errori di strategia militare) e produce una pericolosa turbolenza politica mentre i partiti sono nel rush finale della campagna elettorale per il voto europeo.
Stoltenberg parlava ai russi?
Può darsi, ma così facendo, per avvisare Putin (che sa benissimo quali sono i rischi che corre) ha detto cose che spargono inquietudine tra gli elettori europei, non proprio una scelta brillante.
Qualche frase in meno avrebbe procurato qualche beneficio in più.
Guglielmo d’Agulto
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