Sfiducia crescente nel voto e nei partiti
Un corpo elettorale stanco e sfibrato.
Spaccato tra chi è interessato alla politica e chi non lo è, con una scarsa fiducia complessiva nelle istituzioni elettive (più contenuta solo verso la figura del sindaco), una diffusa percezione che chi viene eletto in Parlamento perda subito il contatto con la gente e che chiunque sia al governo sia poco interessato alle esigenze dei cittadini.
È questo, in sintesi, il quadro che emerge dal report FragilItalia “L’astensionismo”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un sondaggio condotto su un campione rappresentativo della popolazione italiana.
Le persone, si legge ancora nel report, hanno deciso di stare a casa per svariati motivi, fra cui spiccano la sfiducia nella politica ritenuta troppo sporca; la convinzione che chiunque sia al potere non abbia realmente intenzione di cambiare le cose; la rabbia e la voglia di protestare contro gli attuali partiti e politici; la sensazione che tutti i candidati siano uguali e tutti ugualmente poco interessanti.
In base allo studio Legacoop-Ipsos, chi è andato a votare (specie over 65, residenti nel Nord Est e Centro, appartenenti al ceto medio, laureati, residenti in Comuni piccoli o sopra i 250mila abitanti) lo ha fatto soprattutto perché considera il voto un dovere civico (60%, con una punta del 69% nel Nord Est e del 66% tra gli over 65), per sostenere il partito politico che sente più vicino (33%, e 40% tra gli over 65) e per dare un segnale di critica al governo (22%).
Chi ha scelto di astenersi (prevalentemente la fascia 31-50, residenti nel Nord Ovest, appartenenti al ceto popolare, con bassa scolarizzazione, residenti in comuni tra i 30 e i 100mila abitanti) lo ha fatto perché’ considera sporca tutta la politica (30%, con punte del 45% nel ceto popolare e del 41% tra gli elettori del Centro).
Perché non crede che possa cambiare qualcosa per sé stesso indipendentemente da chi vinca (27%; ma 43% tra gli over 65 e 39% tra i residenti al Centro).
Perché si sente stufo e arrabbiato (24% e 32% nel ceto popolare) e per protestare contro gli attuali partiti ed esponenti politici (19%; 34% nel Nord Est, 25% nel ceto medio e tra i laureati).
“Le elezioni europee lo hanno mostrato con evidenza eclatante”, afferma Simone Gamberini, presidente di Legacoop, “ma il trend segna le istituzioni non solo italiane ormai da oltre un decennio. Le analisi sulla crisi della rappresentanza e delle istituzioni ormai sono un classico, ma nelle analisi post voto, si prende sempre atto dell’ulteriore peggioramento, e poi si procede come se nulla fosse”.
“Ormai, però, più che ragionare sugli spostamenti di voti da un partito all’altro, occorre davvero partire dal dato più macroscopico: la percentuale dei votanti è sovente più bassa di quella dei non votanti”, prosegue Gamberini.
“Per questo siamo andati ad esplorare non le ragioni dei votanti, ma quelle dei non votanti: l’avversione, lo sconforto, la sfiducia che stanno alla base della scelta consapevole di non votare non si affrontano né tanto meno risolvono con una riforma elettorale o presidenziale”.
Oltre all’attualità, l’analisi Legacoop-Ipsos si è concentrata anche sugli aspetti strutturali che delineano atteggiamento e percezioni sul voto, la politica, le istituzioni.
Riguardo ai driver del voto, il 44% dichiara di votare i partiti attenti al caro vita (51% nella fascia di età 51-64 anni; 31% tra gli astenuti), il 35% vorrebbe partiti piu’ attenti al tema della mancanza di lavoro (45% nelle Isole, 41% al Sud e tra i laureati).
Il 31% ama i partiti schierati contro i privilegi e la casta (motivo indicato solo dal 21% degli astenuti), il 29% sceglie partiti anti-tasse (21% tra gli astenuti) e il 24% dà la propria preferenza a chi combatte l’immigrazione e l’insicurezza (il 30% tra gli over 65).
Un quadro molto scuro del genere più nero che grigio.
Arnaud Daniels
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