Occorre un rilancio della politica mineraria nazionale
Le materie prime critiche sono fondamentali per l’economia moderna e rivestono un’importanza strategica sia in Europa che nel mondo.
La domanda di materiali per batterie, terre rare e metalli nell’Unione europea è destinata ad aumentare in modo esponenziale per via della transizione verso sistemi energetici puliti che richiedono batterie, pannelli solari, magneti permanenti e altre tecnologie non basate sui combustibili fossili.
Si stima che al 2030 l’Europa avrà bisogno di 18 volte più litio e 5 volte più cobalto rispetto ai livelli attuali per la fabbricazione di batterie per veicoli elettrici e stoccaggio di energia.
E questo fabbisogno crescerà in modo esponenziale nei decenni successivi.
Nel quadro dell’obiettivo generale dell’autonomia strategica dell’Ue occorre ridurre con urgenza la dipendenza dalle importazioni di tali materie da Paesi fornitori, assicurandoci un approvvigionamento sicuro e sostenibile.
Non va trascurato che la crescente richiesta di risorse minerarie è causa della metà delle emissioni di gas serra e del 90% della perdita di biodiversità.
Senza considerare che in diversi Paesi produttori nelle miniere lo sfruttamento, anche minorile, e la coercizione, non sono l’eccezione ma la regola.
Per queste ragioni, la ripresa dell’attività mineraria in modo sostenibile è diventata una priorità ambientale e strategica, che si è tradotta nella adozione del recente regolamento europeo sulle materie prime critiche, il Critical Raw Materials Act.
In questo contesto, l’Italia, che ha una lunghissima storia di attività mineraria alle spalle, si trova di fronte a una sfida davvero cruciale: garantire l’approvvigionamento di risorse minerarie indispensabili per lo sviluppo industriale, la transizione ecologica e la digitalizzazione.
Una sfida che è al centro del recentissimo decreto legge 84/2024 “Disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico”, che, per dare attuazione al regolamento dell’UE, punta a rilanciare il settore minerario italiano con il supporto di Ispra, al quale è stato affidato il compito di realizzare il piano minerario nazionale.
Va ricordato che in Italia l’estrazione di minerali metalliferi, che rappresentano la maggior parte dei materiali critici, ha interessato in passato circa 900 siti ed è attualmente inesistente.
Nel nostro Paese non vengono, per ora, estratte materie prime critiche metalliche e per la loro fornitura l’Italia è totalmente dipendente dai mercati esteri.
Alla luce delle nuove tecniche di esplorazione, e dell’andamento dei prezzi di mercato, molti dei depositi conosciuti andrebbero rivalutati.
Fondamentale è poi tenere conto del fatto che l’Italia dispone, nel quadro della legislazione dell’UE, di una delle legislazioni ambientali più severe al mondo e anche di un sistema di controllo ramificato a livello territoriale, che possono permettere di ipotizzare una ripresa dell’attività mineraria di materiali critici e strategici (principalmente metalli) secondo criteri di sostenibilità ambientale e sociale.
Secondo la banca dati Ispra GeMMA (Geologico, Minerario, Museale e Ambientale), aggiornata nell’ambito del progetto PNRR GeoSciencesIR in totale sono 76 le miniere ancora attive in Italia, 22 relative a materiali che rientrano nell’elenco delle 34 Materie Prime Critiche dell’UE.
In 20 di queste, si estrae feldspato, minerale essenziale per l’industria ceramica e in 2 la fluorite (nei comuni di Bracciano e Silius), che ha un largo uso nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione.
In particolare, la miniera di fluorite di Genna Tres Montis (Sud Sardegna), che rientrerà in piena produzione al termine dei lavori di ristrutturazione, rappresenterà una delle più importanti d’Europa.
Delle altre 91 miniere di fluorite attive in passato, alcune molto importanti – da rivalutare con i prezzi attuali quadruplicati rispetto al 1990 – sono localizzate nel bergamasco, nel bresciano ed in trentino, oltre a quelle sarde e laziali.
Fedelspato e fluorite sono ad oggi le uniche materie prime critiche ad oggi coltivate in Italia, ma i permessi di ricerca in corso, i dati sulle miniere attive in passato e quelli sulle ricerche pregresse e recenti, documentano la potenziale presenza di varie materie prime critiche e strategiche come il litio, scoperto in quantitativi importanti nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani e come diversi altri minerali da cui si producono metalli indispensabili per il modello di sviluppo decarbonizzato, la green tech, la transizione digitale e la indipendenza da paesi terzi.
È importante osservare che a livello mondiale sta crescendo l’interesse della coltivazione degli scarti minerari come fonte di materie prime.
Un aspetto critico dell’attività mineraria passata in Italia è rappresentato proprio dai rifiuti estrattivi, circa 150 milioni di metri cubi di scarti che si trovano in strutture di deposito spesso fatiscenti e che rappresentano un serio problema ambientale, con inquinamento diffuso delle acque superficiali e sotterranee e dei suoli da metalli pesanti.
Tuttavia, questi rifiuti potrebbero diventare una risorsa preziosa se opportunamente trattati e recuperati, come previsto dal Regolamento europeo.
In conclusione, la ripresa dell’attività mineraria in modo sostenibile, integrata con pratiche di economia circolare e collaborazioni internazionali, è fondamentale per garantire la transizione verso un’economia verde e digitale.
Il nuovo regolamento europeo e il decreto legge 84/2024 forniscono il quadro normativo necessario per raggiungere questi obiettivi, promuovendo una gestione responsabile e sostenibile delle risorse minerarie nazionali.
Nell’ottica del rilancio della politica mineraria nazionale, occorre dunque puntare su formazione e ricerca di base nel settore minerario, coinvolgendo oltre agli enti di ricerca, la comunità scientifica, le università e le scuole professionali.
Guglielmo d’Agulto
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