Differenza tra Tavares e Marchionne e il declino Fiat
Sei anni fa, il 25 luglio del 2018 moriva Sergio Marchionne, artefice dello spettacolare salvataggio della carcassa chiamata Fiat, dell’incredibile acquisto di Chrysler – il mito dell’automobile a stelle e strisce – e della fortuna degli eredi della famiglia Agnelli Elkann.
I suoi nemici (erano tanti, nessuno intelligente) tirarono un sospiro di sollievo, ma chi lo conosceva sapeva che la scomparsa dell’uomo “made in Chieti” sarebbe stato un evento disastroso per il futuro dell’automobile italiana.
Il passaggio del timone della casa di Torino a Parigi è avvenuto in sua assenza e non è casuale, come l’arrivo di Carlos Tavares, manager agli antipodi rispetto a Marchionne, un franco-portoghese alieno rispetto all’Italia, un corpo estraneo al nostro Paese.
Gli uomini spesso sono le cose e le cose forgiano gli uomini, nel caso di Marchionne egli era cuore e mente dell’azienda, l’italiano più cittadino del mondo, cresciuto alla scuola americana, e più attaccato al sogno e alla concretezza del Belpaese.
Marchionne è storia, Tavares resterà cronaca e poi si eclisserà velocemente.
Quando sono usciti i conti del primo semestre di Stellantis non vi è stata alcuna sorpresa.
Sono pessimi, ma più dei numeri parlano i silenzi, il ritardo accumulato nel rispondere a una profonda trasformazione del mercato, al mutamento degli stili di consumo, alla segmentazione dell’offerta.
Stellantis ha risorse finanziarie per vincere, ma la realtà è che sta perdendo la sfida più importante, quella delle idee.
Quando Tavares dice che nel 2024 lanceranno 20 modelli testimonia che l’azienda investe, ma certifica la confusione del messaggio (l’idea di fondo), provata dal fatto che poi lo stesso Tavares afferma che i marchi non redditizi saranno venduti.
Interessante, a questo punto il cronista si chiede: “Quali marchi?”.
Perché la Lancia è un ectoplasma, l’Alfa Romeo è l’ombra di una grande storia, Maserati è un enigma, Fiat è attaccata alla Panda.
Questi marchi, non a caso sono tutti marchi italiani, una parola di chiarezza sarebbe gradita in tempi brevi.
Cosa avrebbe detto e fatto Marchionne?
Avrebbe evitato il muro contro muro col governo tanto per cominciare, avrebbe cancellato le sbruffonerie, avrebbe raccontato la verità fin dall’inizio, con parole aspre e fiammeggianti (fuoco d’amore), toccando la corda del patriottismo e la grande storia dell’auto italiana.
Ma Tavares non è Marchionne e neppure gli assomiglia lontanamente.
E purtroppo si vede, troppo e bene.
Anselmo Faidit
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