Sembra tornato il clima della guerra fredda
Politici, giornalisti, attivisti per i diritti umani, dissidenti arrestati per le loro idee: sono i detenuti nelle carceri russe che Mosca ha liberato nell’ambito di un maxi-scambio di prigionieri, avvenuto tra Russia e diversi Paesi occidentali, fra cui gli Stati Uniti, con la mediazione e il coordinamento della Turchia di Erdogan.
La trattativa, fortemente voluta dall’amministrazione Usa di Joe Biden e resa possibile anche grazie al ruolo determinante della Germania, ha riguardato 24 persone, oltre a due bambini: in totale 26 detenuti nelle carceri di sette diversi Paesi, Stati Uniti, Germania, Polonia, Slovenia, Norvegia, Russia e Bielorussia.
Ad aver recuperato la libertà è stato Evan Gershkovich, il 32enne giornalista americano del Wall Street Journal, il primo giornalista occidentale imprigionato in Russia per spionaggio dall’epoca sovietica.
Proveniente da una famiglia ebrea, originario del New Jersey, dopo l’invasione russa dell’Ucraina aveva deciso di continuare il suo lavoro nel Paese.
Accusato di aver raccolto informazioni su una fabbrica di carri armati russi per conto della CIA, cosa che sia lui che il suo giornale che Washington hanno sempre negato, il 19 luglio è stato condannato a 16 anni di carcere in un processo sommario a porte chiuse.
Ad essere stati rilasciati da Mosca anche diversi nomi noti di attivisti legati ad Alexei Navalny, l’avvocato, attivista e politico, principale oppositore di Putin, morto lo scorso 16 febbraio in una colonia penale a regime severo in Siberia dove era stato trasferito.
Fra questi, Lilia Tchanycheva, 42 anni, ex coordinatrice della squadra di Navalny negli Urali, è stata condannata a nove anni e mezzo di carcere per “estremismo”.
E poi il 41enne Ylia Yashin. Oppositore di Putin, ha guidato il Partito Repubblicano della Russia dal 2012 al 2016. Membro del Parlamento comunale di Mosca e molto attivo al fianco di Navalny, era stato condannato alla fine del 2022 a otto anni e mezzo di carcere con l’accusa di “diffusione di false informazioni” sulle forse armate in merito al terribile massacro di civili nella cittadina ucraina di Bucha.
È uscito dal carcere anche Vladimir Kara-Murza, 42 russo-britannico, condannato nell’aprile 2023 a 25 anni di carcere per “tradimento” e diffusione di “false informazioni” sul conflitto in Ucraina.
E ancora, Oleg Orlov, 71enne biologo, politico, attivista, presidente di Memorial, l’associazione impegnata a difesa dei diritti umani premiata con il Nobel per la pace nel 2022.
Era stato condannato a fine febbraio a due anni e mezzo di carcere per aver ripetutamente denunciato l’offensiva russa in Ucraina.
La sentenza era poi stata confermata a luglio.
Fra i prigionieri rilasciati dall’Occidente, c’è Vadim Krassikov, che era stato condannato il 15 dicembre del 2021 a Berlino all’ergastolo per l’omicidio di un georgiano della minoranza cecena che aveva combattuto contro le forze russe tra il 2000 e il 2004.
E poi Pavel Roubtsov: arrestato dai servizi segreti polacchi vicino al confine ucraino il 28 febbraio 2022, era stato accusato di essere una spia di Mosca.
Roubtsov ha anche la nazionalità spagnola, con il nome di Pablo Gonzalez, e ha lavorato come giornalista.
Lo scambio dei prigionieri è avvenuto all’aeroporto di Ankara, sotto il controllo dei servizi segreti turchi.
Il giornalista Evan Gershkovich e gli altri due americani liberati nello scambio, l’ex marine Paul Whelan e la giornalista Alsu Kurmasheva, sono atati accolti al loro rientro negli Usa, alla base di Andrews vicino Washington, dal presidente Biden e dalla sua vice Kamala Harris.
Donlad Trump dal canto suo ha attaccato l’accordo per lo scambio di prigionieri affermando che sia sfavorevole a Washington, insinuando che siano stati pagati dei soldi e chiedendo che siano pubblicati i dettagli dello scambio.
Riccardo Dinoves
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