Italia leader in Europa nell’industria tessile
L‘industria tessile in Italia rappresenta uno dei comparti d’eccellenza del settore manifatturiero italiano. Affonda le sue radici nel territorio, vanta una storia antica e diversi primati. L’Italia è infatti il terzo esportatore mondiale di prodotti tessili, dopo Cina e India, e il primo in Europa. Fortemente colpito dalla crisi pandemica le aziende tessili italiane si stanno riprendendo: nel secondo trimestre del 2021 hanno registrato infatti un aumento di fatturato del 3,3%.
Sulla base dei dati Euratex, la confederazione europea del tessile e dell’abbigliamento, l’industria tessile italiana è la più performante del vecchio continente, rappresenta infatti il 27% della produzione totale europea di tessuti. Inoltre, secondo i dati aggiornati di Cdp, l’export del settore tessile italiano copre per il 60% la domanda di tessuti di qualità nel mondo e rappresenta il 77,8% del totale delle esportazioni europee.
Duramente colpita dagli effetti negativi della pandemia, l’industria tessile in Italia ha subìto il crollo più grave del settore manifatturiero (-23%), sta lentamente superando le difficoltà. Nel secondo trimestre del 2021 ha registrato infatti un aumento di fatturato del 3,3% ed è riuscita ad arginare il deficit occupazionale che si attesta, sempre per lo stesso periodo, al -0,2%. Nel 2019, in Italia, si è registrato tuttavia un calo delle aziende tessili di circa 1.500 unità (-1,9%).
L’industria tessile in Italia è il terzo settore manifatturiero dopo il meccanico e l’automotive, conta a fine 2019 quasi 80mila aziende attive sul territorio con circa 400mila addetti. Le regioni con il maggior numero di Pmi del settore tessile con un fatturato tra i 20 e i 500 milioni sono Veneto e Toscana entrambe con cinque imprese, seguite dalla Lombardia con quattro imprese.
La Toscana è la regione italiana che registra il numero più alto d’imprese del settore tessile, dando lavoro a circa 130mila persone di cui 115mila sono professionisti artigiani, dall’abbigliamento alla gioielleria, passando per conceria e calzatura. La produzione di macchinari tessili impegna in Toscana 1.800 operai specializzati mentre sono 12.800 i lavoratori del terziario legato al tessile. La Toscana, con il 7,7% della popolazione impegnata nel settore moda, è quindi la most valuable player del settore tessile italiano.
Cuore dell’attività manifatturiera italiana è la provincia di Prato. Prato, la seconda provincia più piccola d’Italia dopo Trieste, conta ben 6.800 imprese e 41.000 addetti. Il 79,6% delle aziende industriali del territorio pratese appartiene infatti al comparto tessile. La pmi del settore tessile con il fatturato più alto della provincia di Prato è Manteco, azienda leader nei tessuti per abbigliamento in lana riciclata, con 90 milioni e 300 mila euro raggiunti nel 2021.
Quali sono le migliori dieci aziende tessili italiane per fatturato? In cima alla classifica, delle prime dieci aziende italiane per fabbricazione e commercializzazione di prodotti tessili, troviamo Il gruppo Marzotto. Nato nel 1836 come Lanificio Luigi Marzotto & Figli la fabbrica tessile italiana, con sede a Valdagno in provincia di Vicenza, è il primo gruppo tessile italiano per fatturato, dipendenti ed espansione internazionale. Come vediamo nel grafico in cima all’articolo il fatturato del gruppo per il 2020 è stato di 204 milioni di euro.
Al secondo posto con un fatturato 2020 pari a 182 milioni di euro troviamo Union Industries, azienda biellese leader nella produzione di tessuti non tessuti. Il pezzo forte della produzione di Union, supportato da un brevetto internazionale, è il materiale utilizzato per i pannolini igienici. Union Industries è infatti il fornitore esclusivo mondiale dei due principali marchi del settore.
Top player mondiale nella produzione di tessuti tecnici e tessuti non tessuti è la Cina, con un valore della produzione annua di circa 17 miliardi di dollari. I materiali in tessuto tecnico e tessuto non tessuto vengono utilizzati in ambito sportivo, nel settore automotive e in quello biomedicale. L’Italia anche in questo settore si attesta come uno dei principali esportatori e produttori dopo Cina, Usa e Germania.
Terzo in classifica è la comasca Saati, con sede precisamente ad Appiano Gentile, con un fatturato relativo al 2020 di 150.312 milioni di euro. Anche per Saati il flagship product sono i tessuti tecnici. I tessuti tecnici prodotti da Saati hanno un’ampia gamma di applicazioni dai tessuti protettivi per i giubbotti antiproiettile ai filtri negli impianti degli aeroplani.
Al quarto posto della classifica troviamo Alcantara. L’azienda, nata nel 1972 grazie a una collaborazione tra Eni e la giapponese Toray Industries, che produce il tessuto omonimo. Il tessuto Alcantara è uno dei tessuti non tessuti più versatili e famosi al mondo, è utilizzato in diversi settori dalla moda alla formula 1. Il tessuto Alcantara è utilizzato infatti come materiale di rivestimento ignifugo per le Formula 1. Il pregio dell’Alcantara è la sua capacità di riuscire a essere resistente e morbido allo stesso tempo, è facile infatti per i meno esperti scambiare il materiale, composto dal 68% di microfibra di poliestere e per il restante 32% da poliuretano, per il naturalissimo e morbido camoscio. La sede principale del gruppo è a Milano, l’azienda conta 593 dipendenti.
Il numero di dipendenti occupati dalle aziende tessili italiane varia notevolmente in base alle dimensioni dell’azienda. Secondo i dati Istat relativi all’anno 2019, il numero medio di dipendenti per azienda tessile era di circa 8,2. Tuttavia, la maggior parte delle aziende tessili italiane sono piccole e medie imprese (Pmi) e, quindi, impiegano meno di 50 dipendenti.
Le aziende tessili italiane hanno subìto una riduzione del numero di dipendenti negli ultimi anni, a causa della globalizzazione e della concorrenza di paesi a basso costo di produzione. Secondo i dati dell’Istituto per lo Sviluppo della Formazione dei Lavoratori (Isfol), l’occupazione nel settore tessile e dell’abbigliamento in Italia è diminuita del 38% tra il 2000 e il 2018. Le difficoltà delle aziende tessili (e, ovviamente, non solo loro) di competere a livello globale consiste in una differenza abissale del costo del lavoro tra Italia e, per esempio, Cina. Secondo i dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) relativi al 2020, il costo orario medio del lavoro in Cina era di circa 3,60 dollari, mentre in Italia era di circa 15,40 dollari.
Guglielmo d’Agulto
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