Tiene molto bene il Pil dell’Italia
L’Istat ha confermato l’incremento del Pil dello 0,2% nel II trimestre, limando solo impercettibilmente al ribasso la stima anticipata un mese fa.
L’industria in senso stretto è in regresso (-0,8%), così come l’agricoltura (-1,7). L’attività economica viene sostenuta dai servizi (0,4%) e, sorprendentemente, ancora delle costruzioni (0,6).
Il temuto controshock per la fine dei super-incentivi non si è ancora verificato.
È possibile che il rafforzamento degli investimenti del Pnrr e l’avvio delle “normali” ristrutturazioni edilizie, rinviate in epoca di superbonus, abbiano compensato l’effetto del ridimensionamento dei sussidi.
Sul lato della domanda, la ripresa del contributo delle scorte (+0,4 punti), dopo il prolungato ridimensionamento dei trimestri precedenti, è stata a ben vedere decisiva nel consentire l’aumento del Pil, controbilanciando la debolezza della domanda finale.
Consumi privati e investimenti hanno infatti fornito un apporto solo leggermente positivo (0,1), a fronte di quello sfavorevole della spesa pubblica (-0,1) e, soprattutto, delle esportazioni nette (0,3). Questi dati aiutano, nell’insieme, l’elaborazione del quadro macroeconomico previsivo in corso al Mef, con l’interlocuzione dell’Upb?
Si può presumere che il governo intenda attestarsi, nei suoi programmi, sulla “linea dell’1%” nel 2024 e negli anni seguenti (la previsione deve spingersi al 2029), assumendo una dinamica media del Pil nell’arco della previsione prossima all’attuale stima del potenziale.
Per il 2024, data la crescita finora acquisita (0,6%, destagionalizzato), quel traguardo sarebbe conseguibile, considerata anche l’influenza del maggior numero di giorni di lavoro.
Non vi devono, però, essere deterioramenti nella seconda metà dell’anno.
Al riguardo, gli indicatori congiunturali non sono univoci.
L’industria potrebbe essere in via di stabilizzazione (in contrasto con tendenze ancora negative in Germania e in Francia), sostenuta anche dal miglioramento degli scambi mondiali.
Tuttavia, la spinta dei servizi si sarebbe attenuata in estate, mentre rimane incerta la congiuntura delle costruzioni.
I rischi per l’1% si accrescono nel 2025, quando prende avvio l’aggiustamento di bilancio secondo le regole europee e diviene, quindi, cruciale il sostegno del quadro economico esterno, con il superamento delle politiche monetarie restrittive e una significativa ripresa mondiale.
Dinamiche che non possono essere date per scontate.
A ulteriore chiosa di tutto ciò occorre ricordare che i dati su cui si sta costruendo la previsione governativa sono destinati ad essere rivisti dall’Istat da qui a venti giorni, per la programmata revisione quinquennale della contabilità nazionale.
I nuovi conti, inoltre, dovranno incorporare per gli anni recenti anche le informazioni delle statistiche strutturali delle imprese che potranno comportare ulteriori modifiche.
È verosimile che vi saranno impatti di tali revisioni sulle variabili economiche, incluse quelle rilevanti per i rapporti di finanza pubblica.
Un inusuale grado di provvisorietà accompagnerà, quindi, per qualche settimana l’elaborazione del nuovo piano di stabilità a medio termine.
Guglielmo d’Agulto
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