È notte fonda per la Germania e la Volkswagen
Alle recenti consultazioni elettorali regionali il partito di destra AfD, Alternative fur Deutschland, ha ottenuto la maggioranza relativa in Turingia mentre in Sassonia non hanno vinto per una manciata di voti. Scomparsi dalla circolazione i Verdi.
Un importante capitalista italiano consigliò tanti anni fa di non perdere mai di vista questi settori: cemento, acciaio e casa, petrolio e automobile.
2Non perdete tempo con la finanza, i titoli hi-tech, quello è gioco d’azzardo, non dimenticate che l’essere umano ha bisogno di un tetto, di scaldarsi, di spostarsi. Tutto il resto è gioco d’azzardo. Osservate attentamente i mercati che le ho elencato, e avrete un quadro preciso dell’economia reale”.
Il petrolio avrà ancora lunga vita, mentre la storia dell’automobile è a un punto di svolta e (forse) di rottura.
L’ideologia verde in una decina d’anni si è impossessata delle classi dirigenti illuminate che con folle entusiasmo hanno proclamato che il motore a combustione è il male e l’auto elettrica il bene, dunque tutti devono viaggiare con auto elettriche a batteria.
Davvero?
La realtà della Germania odierna racconta un’altra storia, la locomotiva tedesca non corre più, l’auto elettrica è in panne.
Sta succedendo qualcosa che fa tremare i polsi: la Volkswagen deve tagliare 10 miliardi di euro di costi, progetta di chiudere due stabilimenti (a Osnabruck in Bassa Sassonia e a Dresda, in Sassonia), l’azienda di Wolfsburg illustrerà nelle prossime ore ai sindacati il piano di ristrutturazione e i licenziamenti del personale.
Non era mai successo in 90 anni di storia.
Il 31 luglio del 2023 l’Economist pubblicò un articolo così intitolato: «E se Volkswagen smettesse di costruire automobili?».
Un anno dopo, quella che sembrava una provocazione, si sta materializzando come una profezia di fronte ai tedeschi increduli, il più grande costruttore di auto del mondo, mette mano ai licenziamenti… in Germania.
Quello che accade a Berlino rimbalza a Roma.
Sergio Marchionne ha sempre sostenuto che il gruppo Fca non avrebbe mai chiuso nessuna fabbrica in Italia.
La fusione con i francesi di Peugeot era lontana, si ipotizzava un matrimonio con la General Motors guidata da Mary Barra, ma non è andato a buon fine.
Sono trascorsi più di dieci anni, Marchionne non c’è più, la storia ha cambiato sceneggiatura, a Torino c’era una volta la Fiat.
C’è da preoccuparsi?
Sì, perché se in Germania la Volkswagen, “l’auto del popolo” licenzia il popolo, tradotto nella quotidianità vuol dire che la rivoluzione elettrica ha fulminato la classe politica.
Piero Vernigo
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