Tragedie e alluvioni con scadenza periodica
Il ministro alla Protezione Civile Nello Musumeci e il vice ministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami ieri hanno convocato una conferenza stampa sullo stato emergenziale nell’Emilia-Romgana, colpita dal maltempo e “informare la stampa sui dati e gli stanziamenti, perché gli importi elencati dimostrano come questo governo, ma anche quelli precedenti, siano stati assolutamente vicini nel fornire le risorse, e questo vale per tutte le regioni”.
“La Protezione civile ha distribuito e ripartito alle regioni un miliardo e 200 milioni negli ultimi due anni, lo abbiamo fatto agli inizi del 2023, sono fondi del PNRR” ha spiegato Musumeci.
E “alla Regione Emilia-Romagna sono andati complessivamente oltre 90 milioni di euro, 30 milioni e 568.000 per coprire interventi che erano stati già progettati e anche avviati con i cantieri, 61 milioni e 136.000 per nuovi interventi legati alla messa in sicurezza del territorio”.
Una somma che fa parte degli oltre 594 milioni che la regione ha ricevuto in dieci danni dal governo centrale, di cui il ministro ha elencato gli importi, ma in questo caso, ha sottolineato, essendo fondi del Pnrr, con vincoli di spesa temporali: “Non sappiamo quante di queste risorse sono state già impegnate, ma entro giugno 2026 le opere dovranno essere completate e collaudate perché si tratta di fondi del PNRR “, ha detto Musumeci.
“Quindi – ha concluso il ministro – io credo che non sia un problema di risorse, ma un problema di programmazione e di progettazione, di mettere in cantiere e trasformare le idee in azione. Speriamo che questa ondata di maltempo possa attenuarsi nelle prossime ore ma nessuno si faccia illusione perché un territorio fragile e vulnerabile rimane sempre esposto”.
“Manco il tempo di accendere le pompe idrovore per salvare quel che si può nelle città e contrade invase dalle acque ed è partito lo scaricabarile”. Così Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera commentando il ‘dibattito’ sulle alluvioni in Emilia Romagna e Marche:
“Polemiche – scrive l’editorialista – destinate a incendiare ancor più la campagna elettorale. E che rischiano di aggiunger confusione sul tema di fondo: ancora una volta l’Italia, quale che sia il governo, appare impreparata e colta di sorpresa davanti a catastrofi naturali destinate col cambiamento climatico ad aggravarsi. Sono passati dieci anni da quel 2014 in cui l’allora ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti spiegò in Parlamento che occorrevano almeno 14miliardi di euro per «la prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico e l’adattamento al cambiamento climatico».
Eppure – sottolinea – solo pochi mesi fa, dopo sei governi e quattro anni spesi solo per la Valutazione ambientale strategica, il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha potuto annunciare il varo del «Pnacc», l’agognato Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico fornito di 361 disposizioni per contenere i disastri ambientali ma, ahinoi, del tutto squattrinato.
Eppure molto si potrebbe fare.
L’ha dimostrato nella scorsa primavera il Veneto, colpito a Vicenza da un diluvio (400 millimetri d’acqua in poche ore) non così diverso da quello che aveva devastato la città nel 2010.
Stavolta però senza danni grazie ai lavori su 23 bacini di laminazione in grado di contenere la piena.
Un successo che spinse Luca Zaia a dire «È ora di far partire il Piano Marshall contro le alluvioni. Meglio spendere un miliardo per la prevenzione piuttosto che due, o chissà quanti, per riparare i danni dopo».
La stessa Giorgia Meloni, del resto, dopo l’alluvione in Romagna del maggio 2023, spiegò di esserne consapevole: «Mettere in sicurezza l’Italia è una sfida epocale. Stiamo purtroppo scontando decenni di scelte mancate e di ritardi e l’idea, errata, che la cura del territorio non fosse un investimento strategico. Bisogna cambiare paradigma». Parole d’oro. Alle prese con la realtà quotidiana dei conti – conclude – la stessa presidente del consiglio decisa a «fare la storia» sembra tuttavia avviata nel percorso impantanato seguito, di rinvio in rinvio, dai suoi predecessori meno virtuosi”.
Anselmo Faidit
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