La terza via del ministro Calderone per i migranti
Vi sono settori in Italia che vivono e sopravvivono grazie al contributo della manodopera straniera, in primis agricoltura ed edilizia, immediatamente dopo turismo e ristorazione. Il nostro Paese ha bisogno degli extracomunitari per rimanere nella cerchia del G7, necessita di giovani che abbiano voglia di lavorare e di rispettare le nostre regole e le nostre tradizioni. Di fannulloni e delinquenti ne abbiamo da esportare.
A quanti entrano regolarmente nella Penisola bisogna garantire una vita dignitosa, ossia offrire un lavoro e una dimora. Senza questo presupposto quanti entrano illegalmente diventano facile preda della malavita e della disperazione.
Il recentissimo viaggio del ministro del lavoro, Marina Calderone, a Tunisi, per inaugurare centri di formazione professionale destinati a giovani che desiderano venire a lavorare e a vivere in Italia potrebbe essere il primo passo concreto di un nuovo modo di approcciare il tema dell’immigrazione.
Si tratta per ora di duemila ragazzi che avranno una formazione triennale, professionale e linguistica, ma sono già in rampa di lancio accordi con una decina di paesi, non solo africani, interessati alla formazione professionale in patria di giovani che poi verranno a lavorare in Italia.
Potrebbe essere la terza via tra chi sogna di erigere impossibili muraglie sul mare e chi invece vorrebbe generosamente accogliere tutti quelli che si affacciano sulle nostre coste.
Due posizioni che creano i presupposti per uno scontro tra una sinistra salottiera e una destra tricolore.
Uno Stato non può sopravvivere senza un controllo sul proprio territorio; quindi, senza poter decidere chi entra e chi no.
In Europa e negli Stati Uniti è in atto un conflitto su quanti vogliono leggi chiare e restrittive per arginare ulteriori invasioni di illegali e quanti, sdraiati su comodi divani domestici, preferirebbero eliminare totalmente dogane e confini.
L’iniziativa del ministro Calderone merita attenzione.
Riccardo Dinoves
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