Anche il 2025 sarà un anno in salita per la moda
Per il 2025, l’80% dei leader del settore moda non si aspetta un miglioramento delle condizioni globali, in un’industria dal valore complessivo di circa 2,5 trilioni di dollari (circa 2,3 trilioni di euro).
La sostenibilità è uscita dalla lista delle priorità, con solo il 18% dei dirigenti del settore che l’ha citata tra i primi tre rischi per la crescita nel 2025 (rispetto al 29% del 2024).
La mancanza di fiducia e di propensione alla spesa da parte dei consumatori è stata indicata dal 70% dei dirigenti del comparto come la principale preoccupazione per l’anno prossimo.
Questi i punti salienti emersi da ‘The State of Fashion 2025’, l’indagine annuale realizzata da McKinsey & Company e Business of Fashion.
L’industria della moda si prepara dunque a un 2025 complesso e incerto, segnato dal rallentamento economico, dalla sensibilità crescente dei consumatori ai prezzi, dall’ascesa dei duplicati, dall’impatto del climate change e dai cambiamenti nel commercio globale.
Le disparità regionali, già evidenti nel 2024, diventeranno più pronunciate, riflettendo un panorama economico difficile e una trasformazione delle preferenze dei clienti.
Nonostante l’incertezza, ci sono comunque opportunità di crescita per i marchi che sapranno adattarsi rapidamente e affrontare queste sfide con flessibilità. Per molti, invece, il 2025 rappresenterà un momento cruciale per testare la propria capacità di sopravvivere nel mercato.
E il pessimismo domina tra i leader del settore: secondo quanto riportato dall’analisi annuale, solo il 20% si aspetta un miglioramento del sentiment dei consumatori nel 2025, mentre il 39% prevede un ulteriore peggioramento e il 41% ritiene che la situazione rimarrà stabile.
La fiducia dei consumatori, o meglio la sua mancanza, rappresenta una delle principali preoccupazioni per il settore: il 70% delle persone destinerà alla moda una spesa pari o inferiore rispetto al 2024, dimostrando una crescente attenzione al rapporto qualità-prezzo.
Allo stesso tempo, il 41% degli acquirenti si sta già orientando verso il mercato del second hand, modificando ulteriormente le dinamiche di consumo.
Nonostante il clima generale di incertezza, alcuni segmenti si distinguono per una crescita in controtendenza. Tra questi, i “challenger brand” dell’abbigliamento sportivo che hanno quasi triplicato la loro quota di mercato rispetto al 2020.
Nel 2024, questi marchi hanno generato il 57% dei profitti nel loro segmento, superando per la prima volta i brand più consolidati.
Un altro elemento chiave per il futuro della moda è rappresentato dall’intelligenza artificiale, che promette di migliorare l’esperienza di acquisto.
Con il 74% dei consumatori che abbandona gli acquisti online a causa dell’eccesso di scelta, l’AI potrebbe offrire soluzioni personalizzate per ridurre la cosiddetta “paralisi decisionale”.
Inoltre, i clienti si aspettano che la tecnologia semplifichi il processo di ricerca dei prodotti, un aspetto sempre più cruciale per i retailer.
E ancora, un ruolo rilevante nella crescita del settore sarà svolto dalla generazione dei ‘Silver’, ovvero gli over 50, che nel 2025 saranno responsabili del 48% della crescita globale della spesa.
Nonostante le opportunità, il settore è ostacolato da problematiche strutturali. La sostenibilità, ad esempio, sta perdendo centralità: il 63% dei marchi è in ritardo sugli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030, e solo il 18% dei leader del settore considera la considera una priorità per il 2025, contro il 29% del 2024.
Questo disinteresse rischia di compromettere gli sforzi necessari per affrontare il cambiamento climatico e ridurre gli sprechi lungo la catena del valore.
Le difficoltà sono aggravate dalla frammentazione del mercato e dalla proliferazione di barriere commerciali, quintuplicate dal 2015, con circa 3mila restrizioni registrate nel 2023. Di fronte a questi ostacoli, molti marchi internazionali stanno diversificando i propri mercati, spostando l’attenzione dalla Cina verso altri paesi asiatici come l’India, che il 67% degli intervistati considera promettente. Anche il Giappone continuerà a essere un mercato in forte espansione per il lusso.
Un altro aspetto cruciale per il 2025 sarà la gestione degli inventari. Nel 2023, l’industria della moda ha prodotto tra 2,5 e 5 miliardi di articoli in eccesso, con un valore stimato tra 70 e 140 miliardi di dollari. Ridurre questa sovrapproduzione sarà essenziale non solo per limitare gli sprechi, ma anche per migliorare la redditività dei marchi.
In questo scenario, i negozi fisici avranno un ruolo importante nel conquistare la fiducia dei consumatori. Offrire un servizio eccellente, con personale preparato ed empatico, può influenzare positivamente le vendite: il 75% dei clienti è più propenso a spendere di più dopo un’interazione di qualità nei punti vendita.
Secondo Gemma D’Auria, senior partner responsabile del settore Apparel, Fashion and Luxury di McKinsey, le aziende devono considerare questa crisi come un’opportunità per reinventarsi.
Accelerare l’innovazione, esplorare nuovi mercati asiatici e rispondere ai bisogni delle fasce demografiche emergenti saranno strategie fondamentali per crescere.
Imran Ahmed, founder e CEO di The Business of Fashion, sottolinea invece che il settore è in cerca di una nuova normalità in un mondo post-Covid sempre più instabile e incerto: “Dall’high-street al lusso, dalle aziende di moda indipendenti ai megabrand del lusso, dai produttori ai retailer, dagli Stati Uniti alla Cina e all’Europa – conclude Ahmed -. Le logiche del passato sono ormai obsolete e l’industria deve adottare nuove strategie per affrontare il futuro”.
la Redazione
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