Il glutine sotto braccio alla moda
Il glutine in tavola è oggi quasi un veleno, un numero crescente di persone lo evita per liberarsi dalla celiachia e altri disturbi legati all’alimentazione.
Nello stesso tempo scienziati e medici ribattono che il glutine è un ottimo cibo oltretutto tradizionale, che la presenza della celiachia è presente in pochi se non pochissimi casi e che la maggior parte di chi mangia senza glutine sta solo seguendo una moda alimentare, anche con possibili effetti dannosi sulla salute.
Opinioni differenti antiche perché già nei secoli passati il glutine è argomento di discussioni, quando Antoine Augustin Parmentier (1737 – 1813) nel tentativo di promuovere l’uso della patata e del pane di patate sostiene che la vera sostanza nutritiva è l’amido non il glutine, contro l’opinione già in quel tempo diffusa che loda il glutine come la vita e l’anima del pane che dà forza a questo cibo e al suo consumatore.
Il glutine è individuato per la prima volta in Cina da Sen Kua (1031 – 1095), ma è il chimico italiano Jacopo Bartolomeo Beccari (1682 – 1766) che nel 1728 dimostra come lavando un impasto di farina di frumento in acqua ottiene un residuo glutinoso insolubile, identificando in questa farina due sostanze fondamentali: una parte solubile amilacea (amido) e una parte insolubile glutinosa (glutine). Inoltre Beccari colloca la prima nel regno vegetale e la seconda in quello animale, perché le sostanze vegetali fermentano mentre quelle animali vanno in putrefazione.
Pochi anni dopo, nel 1759 il medico Johannes Kesselmeyer sostiene che la materia glutinosa del grano è la parte veramente nutriente del pane e il motivo per il quale il frumento è superiore agli altri cereali.
Nel Milleottocento la quantità di glutine può essere utilizzata per valutare la qualità del grano, ma soprattutto le rivolte per il cibo dovute agli alti prezzi del pane spingono gli scienziati a cercare di capire cosa siano i principi alimentari e iniziano le ricerche sul glutine, in prima linea nel tentativo dell’Illuminismo di arrivare a una scienza della nutrizione.
Gli studi scientifici sul glutine forniscono una base razionale che spiegano la superiorità del grano rispetto ad altri alimenti di base al punto che gli sono attribuite molte, se non troppe virtù, tra le quali di stabilire un’alleanza tra il regno animale e quello vegetale adatta all’uomo onnivoro e di rendere possibili le prodezze intellettuali prodotte dall’Europa (sic!!).
Il consenso sulla superiorità del glutine non è però completo e alcuni studiosi sostengono che l’attenzione degli “estremisti del glutine” è indebitamente restrittiva, mentre altri respingono del tutto l’importanza del glutine nella nutrizione.
In ogni modo il glutine diviene la corrente principale della chimica alimentare francese che sostiene la superiorità del glutine rispetto ad altre sostanze e la quantità di glutine è considerata l’indice delle qualità nutritive del pane, cercando di risolvere la controversa questione di quale tipo di pane (bianco, integrale ecc.) sia più nutriente.
È il chimico francese Joseph Louis Gay-Lussac (1778 – 1850) che nel 1828 dichiara delle due sostanze contenute nel grano, glutine e amido, solo la prima, è importante e che il pane è tanto più nutriente in quanto contiene più sostanze glutinose.
Il padre della fisiologia sperimentale François Magendie (1783 – 1855) nel 1841, sulla base di sperimentazioni su animali, ritiene che il glutine è l’unico principio che può sostenere la vita, nutrire perfettamente e a lungo ed essere assunto isolatamente senza provocare problemi di salute o morte.
È da metà del Milleottocento che inizia una vera e propria “mania del glutine” e in Francia e Gran Bretagna si inventano alimenti anche brevettati con glutine puro o concentrato per le persone con diabete, ma che possono essere consumati da tutti.
In Italia Giovanni Buitoni (1822 – 1901) giovanissimo subentra ai genitori nella conduzione della piccola azienda per la fabbricazione di paste alimentari e il suo figlio primogenito Giovanni Battista (1851 – 1913) cerca un prodotto innovativo per sfruttare l’intero complesso proteico del frumento in grado di guadagnarsi una nicchia nel mercato degli alimenti e dopo una serie di esperimenti nel 1883 crea una pasta glutinata che mette sul mercato nei primi mesi dell’anno successivo.
Le paste glutinate con aggiunta all’impasto di un dieci, quindici per cento di glutine, in formati diversi e usate in brodo sono destinate in particolar modo ai bambini piccoli, malati e convalescenti.
Con il Millenovecento il glutine è considerato salutare, fortificante, pubblicizzato sul mercato come tale per il suo valore nutritivo e accadeva, a volte, che dei pastai a corto di semole, lo aggiungono alla farina bianca darle consistenza.
L’amore per il glutine (glutenofilia) alla fine del Millenovecento inizia a diminuire e nel Duemila si diffonde una paura per il glutine (glutenofobia), scompaiono le paste glutinate, spuntano e crescono alimenti con la dizione “senza glutine” e sempre più persone scelgono un regime alimentare senza glutine, scegliere di alimentarsi senza glutine diviene una vera tendenza, ma è giusto?
Un primo, sicuro collegamento tra la malattia intestinale poi identificata come celiachia con il glutine del frumento risale agli anni 1952 e 1954 e questa malattia intestinale scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti nei diversi paesi del mondo, secondo le diverse statistiche sanitarie, colpisce dallo 0,3 all’1% o dallo 0,5 al 2% della popolazione (media 1% – 0,75%).
In Italia vi sono centosettantamila celiaci ma a preferire una dieta senza glutine e a scegliere alimenti che non lo contengono sono ben due milioni di famiglie, dai quattro ai cinque milioni di persone, e quindi circa il novantacinque per cento di chi non mangia glutine non è celiaco.
La quasi totalità di chi per glutenofobia sceglie una dieta gluten free sembra che lo faccia perché la ritiene più salutare o per dimagrire, anche se non esiste nessun fondamento scientifico sul ruolo di una dieta senza glutine nel calo ponderale.
Una scelta che è aiutata da diversi retropensieri anche inconsci ma errati: se a qualche persona il glutine può far male, può farlo anche a me; se vi sono alimenti preparati o venduti dall’industria che vantano di non contenere glutine vuol dire che questo è pericoloso; se una volta la pastina glutinata serviva per avere bambini floridi e paffuti vuol dire che il glutine fa ingrassare.
Giovanni Ballarini presidente Accademia Nazionale della Cucina
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