L’Italia è il terzo paese a possedere riserve auree
Gli Stati Uniti detengono la più grande riserva aurea del mondo: 8.133 tonnellate. Hanno più lingotti d’oro di Germania e Italia messe assieme, i due Paesi che seguono nella classifica delle maggiori riserve auree del mondo. Può sembrare strano, ma l’Italia (ottava economia mondiale per il Pil) ha la terza riserva monetaria in oro del mondo.
Sì, la Banca d’Italia ha 2.452 tonnellate di oro mentre la Germania, seconda in classifica, ne ha 3.359. Dietro l’Italia troviamo Francia, Russia e Cina: tutte superano le 2mila tonnellate. Ma è interessante anche vedere quali Paesi hanno aumentato le proprie riserve d’oro nel 2020, l’anno della pandemia.
Lo hanno fatto soprattutto la Turchia e l’India, che hanno aumentato la riserva d’oro rispettivamente di 45,5 e 41,6 tonnellate. Hanno incrementato la quantità di oro anche gli Emirati Arabi (35,1 tonnellate), Russia (27,3 tonnellate) e Qatar (14,4 tonnellate).
Le riserve auree vengono detenute in particolare dalle banche centrali perché rappresentano una garanzia di rimborso per i depositanti, i detentori di banconote e gli operatori commerciali, oltre a supportare il valore della valuta nazionale, funziona venuta mena dopo l’introduzione dell’euro. Per essere concreti si tratta di lingotti, ma possono essere anche monete.
In passato le riserve auree venivano accumulate dai governi principalmente per far fronte ai costi della guerra. Nel diciannovesimo secolo, però, sono state le banche commerciali ad accumulare riserve auree per riscattare le promesse di pagare i depositanti. Nel corso del tempo, tuttavia, la parte preponderante delle riserve auree si è spostata sulle banche centrali per il ruolo che hanno iniziato ad assumere.
La Banca d’Italia, terzo detentore di riserve auree al mondo tra i Paesi, “possiede”, a seguito del conferimento alla Bce di 141 tonnellate, 2.452 tonnellate di oro, costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e per una parte minore da monete.
Se qualcuno se lo chiedesse, la maggior parte dei lingotti è di tipo tradizionale a forma prismatica, ma diversi esemplari presentano la forma di parallelepipedo o mattone, di tipo americano, e di panetto di tipo inglese.
Il peso dei singoli lingotti va da un minimo di 4,2 a un massimo di 19,7 kg, con un peso medio di poco superiore ai 12,5 kg. Il titolo medio dei lingotti, ossia la percentuale media di oro fino usata nella lega, è di 996,2 e in numerosi casi si ha un titolo di 999,99.
L’ultima rilevazione disponibile è quella del 31 dicembre 2018: il controvalore del quantitativo di oro di proprietà dell’istituto era pari a circa 88 miliardi di euro.
Ma dov’è l’oro della Banca d’Italia?
É custodito prevalentemente nei caveau della Banca d’Italia e in parte nelle sedi di altre banche centrali. Dove? Circa 141 tonnellate sono a Londra, circa 145 tonnellate nella sede della banca centrale della Svizzera e poco più di mille tonnellate nelle sedi della Federal Reserve americana.
La scelta di tenere l’oro all’estero deriva, oltre che da ragioni storiche, legate ai luoghi in cui l’oro fu acquistato, anche da una strategia di diversificazione finalizzata alla minimizzazione dei rischi e dei costi.
È da un po’ che non se ne sente più parlare, ma per anni la discussione sull’uso delle riserve auree della Banca d’Italia è stata un must tra i politici.
Sono stati in molti a proporre di usare le riserve auree d’Italia per abbattere il debito pubblico, ma questo è non solo inutile ma anche impossibile.
Inutile perché di fronte a 2.734 miliardi circa di debito pubblico, 88 miliardi sono una carezza. Ma, soprattutto, è impossibile perché le riserve auree italiane sono sottoposte alle regole europee. Da una parte l’oro della Banca d’Italia serve per garantire “solidità patrimoniale della Banca a fronte dei rischi cui questa è esposta nello svolgimento delle sue attività istituzionali” ed è anche vietato usarlo per finanziare lo Stato.
Però le riserve auree si possono vendere? Sì, certo, in linea teorica è possibile vendere la riserva aurea italiana. Salvo che il mercato dell’oro è molto piccolo, gli scambi sono “sottili” come si dice in gergo ed è, per questo, sensibilissimo ad ogni notizia.
Se una banca centrale, o più banche centrali, decidesse di vendere anche una parte minima della propria riserva aurea il prezzo dell’oro crollerebbe immediatamente rendendo vani i tentativi di monetizzare.
Se poi lo facesse la banca centrale di un singolo Paese, ad esempio l’Italia, questo verrebbe fatalmente interpretato dal mercato come un gravissimo segno di debolezza finanziaria e ad andarci di mezzo non sarebbe solo il prezzo del metallo giallo, ma la stabilità del Paese stesso, che troverebbe maggiori difficoltà a piazzare sul mercato i titoli rappresentativi del proprio debito pubblico.
Ora parliamo di stime. Sarebbero 170mila le tonnellate di oro che è già stato estratto e (sono sempre stime) altre 50mila tonnellate sarebbero ancora da estrarre dalla terra. Delle 170mila tonnellate, circa 1 sesto, cioè 30mila tonnellate sono le riserve auree dei vari Paesi mentre la maggior parte è in mani private.
Tra chi ha riserve auree c’è anche lo Stato più piccolo del mondo, il Vaticano, che ha dichiarato di possedere circa 2 tonnellate di oro, ma la maggior parte non è in lingotti ma in preziosi, monete e gioielli.
I dati si riferiscono al: 2020 Fonte: World Gold Council
Salvarico Malleone
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