Le auto elettriche molto lente ad incamminarsi
Le dimissioni, di molto anticipate e dunque impreviste, di Carlos Tavares dal ponte di comando di Stellantis sono un’altra spia rossa che si accende sul cruscotto dell’industria automobilistica europea, sempre più avvitata in una pericolosa spirale.
Le cose non vanno affatto come previsto nei piani industriali e auspicato dai regolamenti dell’Unione, che pure sono stati cruciali nel determinare quei programmi.
Negli ultimi anni i regolamenti Ue hanno significativamente inciso sull’offerta di autovetture nuove.
Il numero dei modelli elettrici è di molto aumentato: più del 45%, guardando solo gli ultimi dodici mesi.
Oggi in Italia, e ancor di più nel resto d’Europa, si può scegliere tra oltre 150 autovetture elettriche, ben assortite per prezzo, dimensioni e caratteristiche d’utilizzo.
Grazie all’arrivo di vetture più economiche ci sarebbe dovuto essere un molto maggiore numero di consumatori disposti ad avvicinarsi all’elettrico, ma così non è stato.
Per correre ai ripari (e limitare le preoccupazioni degli azionisti) le case automobilistiche si sono spostate su traiettorie di sviluppo più ibride, posticipando il lancio di nuovi modelli elettrici e, contestualmente, rinviando le riduzioni di investimenti sulle vetture endotermiche.
Il contrario, insomma, di quanto avveniva qualche anno fa, quando il mantra, premiato dagli analisti finanziari, ma ignorato dai consumatori, era di corsa verso il tutto elettrico.
Ora che la questione pare essere sotto gli occhi di tutti, si aprono sempre più spiragli per il 2025, quando, molto più di quest’anno, le case automobilistiche che vogliono vendere nell’Unione saranno costrette a scegliere tra sanzioni (stimate in qualcosa come 15 miliardi di euro) e auto-contenimento delle vendite di vetture endotermiche.
La seconda opzione, oltre a deludere la clientela, si concretizza nel tagliare la produzione, con inevitabili conseguenze sulla forza lavoro.
Si potrebbe argomentare che in fondo potrebbe trattarsi di un’ottima scusa per ridurre il numero di addetti, comunque eccedenti.
Ma purtroppo dati e tendenze sono sufficientemente chiari da non aver bisogno di giustificazioni.
Siamo certi che il tema sarà all’attenzione dei media per i prossimi mesi, anche perché la neo insediata seconda Commissione von der Leyen dovrà necessariamente occuparsene e nonostante le ripetute dichiarazioni di conferma del percorso tracciato nella scorsa legislatura, i fatti stanno andando in un’altra direzione.
Basti solo dire che il Partito Popolare Europeo, che è il più numeroso in parlamento e di cui fa parte anche la presidente Ursula von der Leyen, anche tenendo fede a quando promesso in campagna elettorale, sta lavorando a un documento che richiede la revisione del bando alle auto endotermiche per il 2035 in ragione del principio della neutralità tecnologica (suggerito anche dal rapporto Draghi) e aprendo dunque alla decarbonizzazione dei carburanti, che avrebbe anche l’enorme vantaggio di agire direttamente sulle auto già in circolazione senza necessità di sostituirle.
Nel dibattito, destinato a infiammarsi ulteriormente nelle prossime settimane, pare tuttavia che si parli troppo poco dell’efficacia dell’attuale strategia Ue per centrare l’obiettivo della decarbonizzazione.
La sostituzione delle automobili in circolazione con auto nuove ed elettriche in particolare non sta avvenendo, i nuovi acquisti infatti vanno, in grandissima parte, a sommarsi all’esistente tanto che i parchi circolanti, in Italia come nel negli altri ventisei Paesi dell’Unione, eccetto un paio di sparute e modestissime eccezioni (Finlandia e Svezia), stanno continuando a crescere.
Di questo passo non riusciremo neanche ad avvicinarci all’obiettivo della neutralità climatica per il 2050, come previsto dall’accordo di Parigi, negoziato nel 2015 durante la XXI Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, sottoscritto dall’Unione Europea nel 2016.
Non andrebbe peraltro dimenticato che l’obiettivo Ue non potrà essere raggiunto senza che lo si raggiunga anche in Italia, dove circola ben un sesto di tutte le vetture presenti nell’Unione.
Guglielmo d’Agulto
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