L’obesità da alimenti buoni da vendere
Il cibo e la nutrizione modellano molti aspetti dell’umanità, tra cui identità, riproduzione, socialità, salute e benessere.
Odiernamente l’antropologia nutrizionale, studio della sussistenza umana, della dieta e della nutrizione in una prospettiva sociale ed evolutiva comparata, critica l’inquadramento delle attuali diete delle popolazioni umane solo o prevalentemente in un contesto evolutivo e si chiede cosa dovremmo mangiare, piuttosto che cosa si può mangiare, a quanto a buon mercato possono essere nutrite le popolazioni umane, considerando anche i limiti del “buono da pensare, buono da mangiare” e gli aspetti non tanto positivi, quanto negativi e pericolosi del moderno “buono da vendere, buono da mangiare”.
Una dimostrazione di questa complessa situazione sono la denutrizione e l’obesità che persistono nel mondo e in aumento in molti luoghi, rendendo la comprensione del cibo e della nutrizione in contesti evolutivi, ecologici e sociali deve essere inquadrata in un’antropologia nutrizionale nella quale stanno assumendo aspetti particolari anche gli alimenti voluttuari che appagano i nostri sensi senza apportare concreti benefici nutrizionali, se non addirittura risultare dannosi, soprattutto quando sono prodotti, distribuiti, venduti e consumati in grandi quantità da un’industria che ha sviluppato il pensiero del “buono da vendere, buono da mangiare”.
La produzione di derrate alimentari vanta una lunga tradizione ma recente è lo sviluppo di un’industria di generi voluttuari alimentari, ora divenuta molta vasta, articolata e soprattutto potente.
Un sistema che comprende la produzione industriale, la distribuzione su vasta scala e una forte presenza nei mezzi di comunicazione di generi alimentari voluttuari con un’evoluzione andata di pari passo con il progresso tecnico, il miglioramento dei trasporti, il cambiamento delle abitudini di vita, la trasformazione dell’organizzazione del lavoro e i mezzi di comunicazione.
Se agli inizi gli alimenti voluttuari, per esempio le spezie, riguardavano una ristretta parte, quella più ricca delle società, oggi sono divenuti alimenti di massa che provocano anche vere e proprie epidemie come l’alcolismo e l’obesità.
L’obesità è oggi un’epidemia con diverse cause, che nei paesi industrializzati inizia negli ultimi quaranta anni e che in Italia oggi interessa il 47,6% degli adulti (36,1% in sovrappeso e 11,5% obesi) e il 26,3% dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni (2, 2 milioni).
Questa silenziosa epidemia costituisce un fattore di rischio cardiovascolare e incrementa la frequenza e la gravità di altri fattori noti di rischio quali dislipidemia, ipertensione arteriosa, diabete e insulinoresistenza e coincide con l’espansione dell’industria alimentare che invade la società di migliaia di prodotti altamente trasformati con alta palatabilità e densità calorica, migliaia dei quali alimenti più o meno nuovi,
tutti irresistibili in una miscela di grassi, zuccheri semplici e sale per raggiungere il massimo beatitudine gustativa, e soprattutto da essere consumati in situazioni e condizioni non più tradizionali, con l’obiettivo di vendere sempre più cibo per incrementare il mercato e i profitti secondo il principio “buono da vendere, buono da mangiare”.
Odiernamente negli USA le bevande zuccherate provocano un introito calorico pro capite che va dalle 150 alle 235 calorie al giorno e in Italia il mercato delle merendine si avvicina a circa un miliardo e mezzo di Euro, con un fatturato e una crescita maggiore nel Sud Italia, dove si riscontra anche una maggiore obesità giovanile.
Accanto ad uno stile di vita sedentaria, una dieta ricca di alimenti e bevande ad alto contenuto di calorie aumenta la probabilità di prendere peso, in particolare alimenti ricchi di grassi, zuccheri o entrambi.
Particolarmente nocivi sono gli alimenti voluttuari, lavorati e trasformati pronti ad essere mangiati in aggiunga ai pasti principali ma soprattutto come spuntini, merende e merendine tra i pasti o dopo questi come quelli destinati all’uso durante gli spettacoli cinematografici e televisivi (popcorn e similari).
Tra i cibi voluttuari oggi sempre più diffusi vi sono i gelati e prodotti dolciari ma soprattutto bevande zuccherate, come bibite o bevande gassate, oppure bevande grasse e zuccherate, come frullati e frappè e le bevande alcoliche con alto contenuto calorico.
Gran parte degli alimenti voluttuari sono frutto di innovazioni e per moltiplicare il loro uso fuori dei contesti tradizionali, nella già citata filosofia consumistica “buono da vendere, buono da mangiare” e proponendone forme di consumo molto varie e molto ricche l’industria alimentare propone forme e nomi chi richiamano tradizioni passate, ma soprattutto queste sono continuamente reinventate, aggiungendo per i bambini, soprattutto i più piccoli, piccoli regali.
Gli alimenti voluttuari sono complementari, la loro utilità in diversi casi può essere discutibile ma indubbiamente è un settore di imponenti interessi economici per un’industria alimentare impegnata a capire quali possono essere gli spazi liberi per creare interessi da soddisfare, per cui è difficile discernere tra un servizio finalizzato al benessere dei cittadini e una ricerca di profitti.
Certo è che gli alimenti voluttuari incidono sulla odierna epidemia di obesità e nelle spese alimentari e richiedono attenzione sulla loro utilità.
Giovanni Ballarini presidente Accademia Nazionale della Cucina
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