Solo con la pace il mondo e l’economia prosperano
“Crescita economica, prosperità e pace sono strettamente connesse: senza pace, l’umanità non può prosperare; né può farlo l’economia”.
Lo ha affermato il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nel suo intervento all’incontro “Economia e pace: un’alleanza possibile”, organizzato a Bologna dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice.
“Occorre ricordare che nelle economie moderne lo sviluppo si fonda sull’integrazione e sul commercio internazionale. La libera circolazione di merci, capitali, persone e idee facilita il trasferimento di conoscenze e tecnologie – ha sottolineato – contribuendo a unire i popoli”.
“La globalizzazione ha indubbiamente determinato una maggiore integrazione tra paesi e creato opportunità di progresso economico e sociale in molte regioni del mondo. Tuttavia – ha proseguito Panetta – essa ha mostrato limiti evidenti. Le attuali tensioni commerciali e geopolitiche sono segnali di un sistema che non è riuscito a rispondere appieno alle aspettative e ai bisogni della popolazione mondiale. Ogni giorno, migliaia di persone continuano a essere stroncate dalle privazioni e dalla violenza, spesso in conflitti fratricidi che sembrano senza fine”.
Secondo il banchiere centrale “l’economia sembra essersi globalizzata senza una ‘coscienza globale’”.
“La pace e la prosperità sono legate da un vincolo profondo. La pace non è solo l’assenza di conflitti, ma la creazione di condizioni che consentano a ogni individuo di vivere una vita dignitosa, libera dalla paura e dalla povertà. Allo stesso tempo, una prosperità che non genera benessere diffuso è una prosperità effimera, che rischia di generare conflitti e instabilità”.
“In mancanza di riforme in settori come l’istruzione, la sanità e la protezione sociale, nelle economie avanzate la globalizzazione e la delocalizzazione produttiva hanno concorso a frenare la dinamica dei redditi dei lavoratori impiegati nelle mansioni meno qualificate e peggio retribuite, ma anche di molti appartenenti alla classe media. Inoltre – ha detto – l’aumento del peso economico delle economie emergenti non è stato accompagnato da un corrispondente progresso delle libertà politiche. Anche per questa ragione, i principali paesi hanno mostrato riluttanza a rivedere la governance delle istituzioni internazionali per conferire rappresentanza alle nuove potenze economiche, generando insoddisfazione tra queste ultime”.
“Per l’insieme di questi fattori, la globalizzazione è oggi percepita da molti, a torto o a ragione, come un progetto elitario, alimentando malcontento tra ampie fasce della popolazione. La crisi finanziaria del 2007-08 ha ridotto ulteriormente la fiducia nelle classi dirigenti, indebolendo il modello di governance globale fondato sul libero scambio, sull’integrazione economica, sul ruolo delle istituzioni finanziarie internazionali e sulla gestione delle divergenze nei contesti sovranazionali”.
E ora “lo scenario mondiale sta evolvendo verso un sistema multipolare e frammentato, attraversato da nazionalismi e protezionismi – ha proseguito il governatore – con la competizione tra blocchi contrapposti di paesi che alimenta nuove tensioni geopolitiche. Sul piano economico, queste tensioni si sono manifestate in dispute commerciali tra Stati Uniti e Cina, nella Brexit e nel crescente rifiuto da parte dei governi di consentire acquisizioni di imprese nazionali da parte di investitori stranieri. Il commercio globale si sta frammentando e viene sempre più utilizzato a fini strategici, soprattutto nella competizione per il dominio tecnologico”.
“Nei prossimi anni, è previsto un aumento del protezionismo, alimentato dalle politiche degli Stati Uniti. Contemporaneamente, si assiste a un drammatico aumento dei conflitti bellici, che ora coinvolgono anche l’Europa”.
In questo quadro, secondo Panetta “la priorità deve essere preservare un’economia mondiale aperta agli scambi internazionali.
Recidere i legami economici e commerciali comporterebbe una significativa perdita di benessere per la popolazione mondiale, indebolendo ulteriormente l’assetto multilaterale che ha sorretto lo sviluppo globale dal secondo dopoguerra, con effetti che finirebbero per travalicare i confini dell’economia e della finanza”.
Niccolò Rejetti
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