Per il 64% dei top manager ci sarà una crescita nel 2025
Cresce l’ottimismo tra i top manager italiani, anche se preoccupa il reperimento delle competenze. Secondo i risultati dell’Annual Global CEO Survey di PwC, che ha intervistato 4.701 CEO in 109 Paesi e territori, di cui 122 italiani, il 64% dei manager italiani prevede una crescita economica nei prossimi 12 mesi e il 45% nuove assunzioni per quest’anno.
Percentuali maggiori di quelle registrate a livello globale (rispettivamente 58% e 42%) e in aumento rispetto al 43% del 2024 e al 27% di due anni fa. A livello globale, secondo la ricerca presentata in occasione dell’Annual Meeting del World Economic Forum, si riscontra un ottimismo dei CEO in ambito macroeconomico, probabilmente guidato dall’attenuarsi dell’inflazione e della volatilità macroeconomica.
Meno diffusa invece la fiducia nella crescita economica nazionale, ma il dato italiano è comunque più positivo di quello registrato in Germania (dove solo il 16% degli intervistati ha espresso fiducia per la crescita economica del Paese) e in Francia (24%). Più positivi i CEO di UK (61%), Spagna (72%) e USA (66%).
Nel dettaglio, per quanto riguarda l’Italia, si mantiene alta la fiducia degli amministratori delegati rispetto alla crescita della propria azienda: oltre il 64% si attende un aumento del fatturato nei prossimi 12 mesi e l’80% in quella a tre anni.
Altro dato positivo: solo il 9% prevede di effettuare tagli all’organico.
Tuttavia, in linea con il sondaggio dello scorso anno, più della metà dei CEO italiani ritiene che, con il percorso attuale, la propria azienda non sarà più economicamente sostenibile entro dieci anni. In cima alla lista c’è lo skill gap, ossia il problema delle competenze, che preoccupa più della volatilità macroeconomica e dell’inflazione.
Per questo motivo, il 69% dei CEO in Italia riferisce di aver intrapreso almeno “un’azione significativa” per cambiare il modo in cui la propria azienda crea, distribuisce e cattura valore.
Per i CEO italiani gli aspetti di maggior vantaggio competitivo sono la cultura organizzativa flessibile, aperta e orientata al cambiamento (58%), la proattività verso la ricerca e l’innovazione (55%) e l’abilità nel promuovere il marchio aziendale (44%).
I CEO dichiarano invece uno svantaggio sulla tassazione (46%), sulla trasformazione digitale all’interno dell’azienda e sulla capacità di entrare in nuovi mercati. Nel dettaglio, un’importanza particolare viene attribuita alle competenze: al primo posto tra le minacce individuate per il prossimo anno (35% in Italia) c’è la mancanza di competenze chiave del personale, a cui si sente particolarmente esposto più di un terzo delle aziende italiane (contro solo il 23% a livello globale).
Questo fenomeno riguarda soprattutto settori emergenti come l’intelligenza artificiale e la cybersecurity. Ma si registra comunque ottimismo: il 60% dei CEO italiani si aspetta che la GenAI aumenti la redditività della propria azienda nei prossimi 12 mesi (era il 36% del 2024).
Nettamente al di sotto della media globale è invece la percentuale di CEO italiani che dichiara di non fidarsi dell’integrazione dell’IA nei processi della propria azienda (“ha risposto così l’1,6% contro il 5% a livello globale”).
Solamente l’11% dei CEO italiani intervistati ha registrato negli ultimi 12 mesi una riduzione dell’organico della propria impresa, a fronte di una grande maggioranza (65%) che afferma di non aver sperimentato alcun cambiamento e del 18% che riporta un’espansione.
Benché i CEO siano consapevoli del potenziale che l’investimento in tecnologie innovative ha per il futuro e la sostenibilità del business, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle realtà aziendali italiane, rileva l’indagine, è lontana dall’essere compiuta (“solo il 5% delle imprese con 10 o più addetti utilizza tecnologie basate sull’IA, contro una media europea dell’8%”).
Guardando al futuro, quasi la metà dei CEO a livello globale vede l’integrazione dell’IA (inclusa la GenAI) nelle piattaforme tecnologiche, nei processi aziendali e nei flussi di lavoro come priorità per i prossimi tre anni.
Una percentuale più ridotta sta pianificando di utilizzare l’IA per sviluppare nuovi prodotti e servizi o per ridisegnare la propria core business strategy. Sorprendentemente, solo un terzo dei CEO sta pianificando di integrare l’IA nella propria strategia di sviluppo delle competenze e della forza lavoro.
Secondo quanto evidenzia il rapporto di PwC, “il ritmo di ridefinizione del modello di business per le aziende italiane rimane lento mentre per innovare il proprio modello di business è necessario che le aziende siano agili e flessibili nel riallocare le risorse da un’attività ad un’altra, soprattutto quando si vuole investire in business e mercati nuovi”.
La maggior parte delle aziende manca però di agilità: circa il 60% dei CEO italiani afferma di riassegnare il 10% o meno delle risorse umane di anno in anno (contro il 55% a livello globale), e il 54% di riallocare le risorse finanziarie (contro il 47% a livello globale).
Più di due terzi dei CEO in Italia e nel mondo dichiarano di riallocare meno del 20%, un risultato simile a quello del sondaggio dell’anno scorso.
Alla richiesta di valutare l’impatto sui risultati aziendali dei propri investimenti climate-friendly negli ultimi cinque anni, oltre due terzi dei CEO italiani dichiara di non avere ancora sperimentato un impatto significativo sui risultati aziendali.
Solo il 20% dei CEO italiani (vs 33% globale) ha avuto una crescita di questi ultimi, e il 69% non ha riscontrato effetti sui ricavi (contro il 56% a livello globale).
La complessità normativa è il principale ostacolo all’azione a favore del clima per i CEO italiani (“29% contro il 24% a livello globale”).
Il secondo fattore d’intralcio all’implementazione di investimenti climate-friendly è il ridotto interesse che gli stakeholders esterni mostrano per queste iniziative (“26% contro il 20% a livello globale”).
Segue il minor rendimento degli investimenti climate-friendly, che è indicato dal 18% dei CEO a livello globale e dal 16% a livello italiano.
Secondo Andrea Toselli, Presidente e Amministratore Delegato di PwC Italia, “le aziende italiane stanno investendo in tecnologie emergenti, ma la trasformazione richiede un approccio integrato che consideri infrastrutture, competenze e aree di integrazione tecnologica. È cruciale che il sistema Paese supporti le aziende nel realizzare questi cambiamenti”.
Salvarico Malleone
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